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giovedì 15 gennaio 2015
Elenco esaustivo delle categorie da odiare
Elenco completo delle categorie soggette a odio/scherno di tipo pregiudiziale in Italia (aggiornato al 31 dicembre 2014):
Mangiammerda
Cristiani
Comunisti
Zingari
Zoroastriani
Piddini
Zecche
Handicappati
Impasticcati
Grillini
Negri
Vegetariani
Carnivori
Juventini
Vegani
Fascisti
Cantanti
Ballerini
Palestrati
Montiani
Rettiliani
Antiabortisti
Terroristi
Ricchioni
Artisti
Scrittori
Complottisti
Marocchini
Massoni
Tronisti
Europeisti
Eugenetisti
Nudisti
Animalisti
Atei
Agnostici
Sincretisti
Luddisti
Disillusi
Cinici
Innamorati
Travestiti
Feticisti
Attivisti
Anziani
Ansiosi
Disoccupati
Semioccupati
Sfigati
Giornalisti
Gerontofili
Neokantiani
Bimbiminchia
Metallari
Parenti
Hegelani
Conoscenti
Falliti
Indolenti
Distratti
Filoamericani
Filopalestinesi
Filoisraeliani
Studenti
Adolescenti
Bambini
Cinofili
Cinefili
Ritardati
Raccomandati
Grassi
Smemorati
Ritardatari
Berlusconiani
Dalemiani
Ragionieri
Avvocati
Commercialisti
Terroni
Sardi
Visionari
Drogati
Deragliati
Scambisti
Sadici
Masochisti
Stronzi
Sessuomani
Sognatori
Realisti
Quarantenni
Yuppie
Hippie
Ignavi
Maoisti
Trotskisti
Analisti
Delatori
Sbirri
Assessori
Professori
Populisti
Anoressici
Annoiati
Arricchiti
Impoveriti
Angeli
Demoni
Poltergeist
Rumeni
Cinesi
Extraparlamentari
Notav
Protav
Nerd
Palazzinari
Programmatori
Grafici
Ingegneri
Assicuratori
Scialaquatori
Risparmiatori
Esodati
Evasori
Segaioli
Immaturi
Militari
Mantenuti
Risposati
Lampadati
Romani
Napoletani
Livornesi
Veneti
Albanesi
Criminali
Truffatori
Bidelli
Arrotini
Chirichetti
Bagarini
Sposini
Neopatentati
Convertiti
Depilati
Rottamati
Ciclisti
Antropologi
Laureati
Insospettabili
Ladruncoli
Spiantati
Pelati
Statali
Maghi
Alieni
Sfasciafamiglie
Alcolizzati
Giocatori
Calciatori
Indecisi
Nota metodologica: sono state prese in considerazione solo le categorie identificabili da una sola parola (sono pertanto state escluse tutte le categorie come "Quelli con le Hogan", "Artisti di strada", "Quelli che si mettono le dita nel naso" e così via); ciò affinché dall'elenco sia possibile estrarre euristicamente (secondo il metodo della sociologia qualitativa combinatoria) categorie composte da due o più termini con il fine di individuare nuove categorie di consumatori per campagne di marketing altamente targetizzate.
Categorie composte a titolo di esempio:
1)Montiani Zingari Zoroastriani
2)Scrittori Piddini Terroristi
3)Hegelani Metallari Bimbiminkia
4)Massoni Animalisti Travestiti
5)Cantanti Vegani Disillusi
6)Alieni Ansiosi
7)Cantanti Lampadati Eugenetisti
8)Handicappati Marocchini Scambisti
9)Rettiliani Negri
10)Conoscenti Quarantenni Adolescenti
11) Antiabortisti Veneti Impasticcati
e così via.
Se ho dimenticato qualcuno o qualcosa aggiungetelo nei commenti: è per la scienza
@freakycharlie
lunedì 10 giugno 2013
Il Mondo delle Cose. Per una critica degli artefatti
Gli oggetti ci parlano. Come le nazioni e i popoli, gli oggetti hanno una storia. E la storia degli oggetti è spesso trasversale alla storia delle nazioni e a quella dei popoli.
Ogni cultura crea i suoi artefatti, non solo opere d'arte ma oggetti di uso comune. Non solo nuovi artefatti, ma famiglie intere di dispositivi che sembrano evolvere come se fossero parte di una specie vivente. Automobili, macchine fotografiche, computer. Non sono forse ormai parte della nostra storia naturale? Le tecnologie obsolete come le pellicole delle macchine fotografiche analogiche, le musicassette, le macchine da scrivere non sono come fossili del nostro immaginario post-moderno? Una delle migliori metafore di Marshall McLuhan a proposito dice:
"sul piano fisiologico, l’uomo è perpetuamente modificato dall’uso normale della tecnologia (o del proprio corpo variamente esteso) e trova a sua volta modi sempre nuovi per modificarla. Diventa insomma, per così dire, l’organo sessuale del mondo della macchina, come lo è l’ape per il mondo vegetale: gli permette il processo fecondativo e l’evoluzione di nuove forme."
Gli artefatti sono di molteplici tipologie. Essi fanno parte del cosiddetto "mondo delle cose", che, in quanto creato dall'uomo, si distingue in realtà dal mondo naturale. Mentre, infatti, quest'ultimo è segnato dalla necessità e da un certo determinismo dovuto a fisica, chimica e biologia, il primo, il mondo delle cose, è caratterizzato, dalla possibilità, ovvero dalla meravigliosa indeterminatezza dei fatti umani.
La facoltà umana più interessante è la capacità di creare nuove tipologie di artefatti. L'uomo, infatti, ha sempre creato nella sua storia oggetti capaci di integrarsi nelle pratiche di vita già esistenti. Dalla seconda guerra mondiale in poi, inoltre, gli oggetti prodotti dall'uomo si sono moltiplicati su immensa scala, coprendo l'intero globo di dispositivi alimentati dal sistema elettrico.
Insieme a questo processo di evoluzione tecnologica è avvenuta una continua modificazione dei sistemi simbolici. Osservare come i vari artefatti, i loro sistemi e le loro interazioni producono ambienti e situazioni relazionali inedite in una comunità, può mostrare qualcosa di nuovo rispetto a quello che si sapeva già. Gli artefatti vanno criticati. Gli artefatti ci parlano, bisogna ascoltare il loro discorso. Ascoltare il discorso della tecnica e della tecnologia.
Il mondo formato dall'uomo e dalle sue protesi tecnologiche, fino ad arrivare alla mega-macchina teorizzata da Mumford, ha creato un suo proprio sistema simbolico, che si scontra con i sistemi simbolici che abbiamo ereditato dalle culture passate. L'epoca industriale della tecnica e della riproduzione seriale ha scavato nell'immaginario, creando delle culture e pratiche condivise che hanno come riscritto il sistema operativo dell'umanità.
Il futuro ci parla. Il futuro è già tra noi, ma non è equamente distribuito, per dirla con William Gibson. Il mondo ci parla, sotto la sua nuova forma dell'ubiquità delle reti informative. E le reti informative non sono solo semplici artefatti, ma complesse ecologie cognitive artificiali.
La storia degli artefatti che una società produce è una storia affascinante, che ci aiuta a capire non solo la nostra tecnologia, ma anche e soprattutto il nostro immaginario, la nostra cultura, i nostri sogni e desideri.
Carlo Peroni
@freakycharlie
Carlo Peroni
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lunedì 29 aprile 2013
Uno scherzo da Preiti
Come molte persone, vivo per la maggior parte del tempo un’esperienza mediata, preimpacchettata. Invece che fare cose in prima persona, vivo della luce riflessa dalle marionette sugli schermi. Come la maggior parte dei consumatori passivi di informazione, ovvero disocuppati e semioccupati con molto tempolibero, passo il mio tempo guardando telefilm, leggendo blog, cazzeggiando su twitter. Il finesettimana, dunque, l’ho trascorso rimanendo aggiornato sugli eventi di intrattenimento crossmediale a disposizione. Alcuni eventi erano previsti da un tempo più o meno lungo, come la finale del Dreamhack e l’insediamento del governo Letta, altri sono stati inaspettati, come la conclusione della mattinata da maldestro giustiziere di Luigi Preiti.
Sabato la marionetta Letta annuncia la squadra dei ministri. Già qua si era messa male da prima: Letta incaricato del mandato esplorativo prima del 25 aprile già annunciava paesaggi lugubri ma non privi di una perversa ironia. Sabato solita roba insomma, si passa il pomeriggio dando un’occhiata ai commenti su twitter (per la maggior parte del tipo: ”ma come si scrive quagliairiello?” “ma questo chi lo conosce?”), poi su facebook qualche apocalittico e un paio di cospirazionisti e, infine, i quotidiani online dove giornalisti responsabili rimettono ordine e dicono facciomli lavorare non sprechiamo un’altra opportunità.
Domenica durante la cerimonia di insediamento, tale Luigi Preiti, sul cui profilo facebook sono presenti una discreta quantità di paccottiglia cristiana, si butta nella sua giornata di ordinaria follia e spara qualche colpo sotto il parlamento. Ecco che la realtà impatta sulla rappresentazione. Il residuato dello scontro è il corpo ferito di un carabiniere che probabilmente rimarrà paralizzato.
Preiti, per essere un pazzo esaltato qualunque, ha avuto una buona scelta di tempo. Ha scelto razionalmente, nella sua follia, il luogo e il momento per avere la più grossa cassa di risonanza per il suo gesto. Poi la dichiarazione agli inquirenti: “Volevo colpire i politici e poi suicidarmi. Ma avevo finito i colpi”. Un’altra brutta storia in questo triste mondo malato, un altro weekend di infotainment, qualche altra vita irrimediabilmente incasinata.
Sabato la marionetta Letta annuncia la squadra dei ministri. Già qua si era messa male da prima: Letta incaricato del mandato esplorativo prima del 25 aprile già annunciava paesaggi lugubri ma non privi di una perversa ironia. Sabato solita roba insomma, si passa il pomeriggio dando un’occhiata ai commenti su twitter (per la maggior parte del tipo: ”ma come si scrive quagliairiello?” “ma questo chi lo conosce?”), poi su facebook qualche apocalittico e un paio di cospirazionisti e, infine, i quotidiani online dove giornalisti responsabili rimettono ordine e dicono facciomli lavorare non sprechiamo un’altra opportunità.
Domenica durante la cerimonia di insediamento, tale Luigi Preiti, sul cui profilo facebook sono presenti una discreta quantità di paccottiglia cristiana, si butta nella sua giornata di ordinaria follia e spara qualche colpo sotto il parlamento. Ecco che la realtà impatta sulla rappresentazione. Il residuato dello scontro è il corpo ferito di un carabiniere che probabilmente rimarrà paralizzato.
Preiti, per essere un pazzo esaltato qualunque, ha avuto una buona scelta di tempo. Ha scelto razionalmente, nella sua follia, il luogo e il momento per avere la più grossa cassa di risonanza per il suo gesto. Poi la dichiarazione agli inquirenti: “Volevo colpire i politici e poi suicidarmi. Ma avevo finito i colpi”. Un’altra brutta storia in questo triste mondo malato, un altro weekend di infotainment, qualche altra vita irrimediabilmente incasinata.
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venerdì 7 dicembre 2012
Giorgia Meloni e la Grande Narrazione
Non sono solo gli ultimi giorni
della vecchia era, in cui i dinosauri zombie in parlamento stanno per traslarsi
direttamente nel prossimo capitolo dei misteri italiani. È anche un tempo dove
pseudo-nuovi mostri e mostriciattoli tentano di insinuarsi tra gli spazi vuoti
lasciati dalla prossima futura apocalisse mediatica. In epoca di transizione è dunque
giusto chiedersi chi la transizione la tiri, come se la stia giocando e quali siano
i pesci grossi e quelli piccoli.
Ma in questo piano multidimensionale
ipercaotico che chiamiamo realtà non tutto è cosi intelligibile. Per aggirare
l’annosa questione del rinnovamento della classe politica credevo che nel
frattempo tanto valeva divertirsi. Avevo perciò già acquistato la tessera
Mediaset Premium, ma sembra che Gesù ci abbia negato la possibilità di
assistere allo spettacolo dada post-berlusconiano delle primarie del PDL.
Dato che le primarie del
centrosinistra si sono concluse in un clamoroso anticlimax di mosciume dopo le
scoregge infiammate esibite su Cielo, aspettavo con trepidazione la replica
degli altri, ovvero ciò che rimane dell’area un tempo occupata da Forza Italia,
AN ed entità paradossali come la Santanché.
Colei che negli ultimi giorni, per
qualche emozionante momento, mi ha svegliato dal coma cerebrale televisivo è
stata Giorgia Meloni, la Renzi del PDL, la Giovanna D’Arco della nuova destra
romana, che chiede a gran voce un rinnovamento della classe dirigente del
partito, che tra l’altra penso se la stia ancora ridendo.
http://www.generazioneitalia.it/2011/08/22/la-meloni-perde-piu-punti-di-piazza-affari-meglio-tacere/ |
Mentre dunque mi ritrovavo orfano
di infotainment decente e mi accontentavo di guardare la Meloni
spadroneggiarsela a Ballarò, mi perdevo tra futili elucubrazioni. È infatti tempo
di scontro tra media, ovvero tempo di scontro tra diversi modelli
socio/antro/tecno politici. Ma c’è un problema, questo problema è che la
politica, come tante altre cose, è fondamentalmente un racconto. Un racconto
che nostro malgrado abitiamo tutti quanti. Dipende tutto da quale narrazione
ciascuno occupa.
La gente crede di trovare i fatti
sociali e politici come trova le castagne sotto i castagni. Non è cosi
semplice. In realtà quella stessa gente vive all’interno di una gigantesca
narrazione creata da altri. Non c’è nessun male nella narrazione, la
narrazione, ovvero vivere in un contesto di pratiche ludico-narrative, è
fondamentale per la comprensione della realtà in cui viviamo che altrimenti
sarebbe soltanto un’accozzaglia di informazioni non organizzate.
Il problema è che una volta c’erano
istituzioni che mantenevano più meno una
narrazione continua e coerente, comprensiva e coestensiva alla realtà sociale,
tipo la chiesa, il nazismo, RaiUno. Oggi le narrazioni si sono spaccate, non
c’è più un sistema simbolico univoco di riferimento, per dirla in termini
altisonanti. Ce ne sono n. Il
problema è che viviamo con i piedi in due scarpe, molte scarpe anzi. Siamo come
bruchi che hanno molti piedi in molte scarpe diverse. Le scarpe sono i sistemi
simbolici di riferimento, se non l’avete capito. I vari sistemi sono in
contraddizione tra loro, sviluppano un conflitto. Questo conflitto attraversa
ognuno di noi. In quanto ognuno di noi abita i vari contesti di riferimento,
scuola, casa, lavoro, amici, intrattenimento, politica.
Ogni ambito si basa su
narrazioni differenti. E dunque la realtà non è univoca, ma dipende un po’ da
come la si rigira. Scegliere cosa credere è una scelta politica, non privata.
Scegliere cosa credere sviluppa è un qualcosa di cui essere in qualche modo
responsabili. In questo periodo di confusione la scena politica ci presenta
tutta una serie di scelte politico-narrative con alto tasso fideistico. Il mio
consiglio è quello di credere il meno
possibile. Provate a divertirvi invece, se ci riuscite.
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venerdì 16 novembre 2012
L’insostenibile leggerezza della calzamaglia
È
strano che in un paese come l’Italia, fondato sul fichi fichi e il magna magna,
le tipe si sorprendano ancora di essere quotidianamente scannerizzate da
vogliosi e mal dissimulati sguardi maschili. Si parlava giusto l’altro giorno
con un mio amico di come sia ingiusto e, lasciatemelo dire, pure bigotto che
una innocente pacca ben assestata su un culo meritevole possa essere
considerata molestia. Lo so cosa state pensando: l’Italia è un paese
retrogrado. E avete ragione, cazzo.
Ieri
poi mi è capitato di finire sul blog del Deboscio, dove, in questo post,
la discussione teorica ha toccato l’argomento al centro dei pensieri di tutti
gli italiani: i leggings. Il Deboscio riprende una rubrica di Maria Laura
Rodotà, che tenta di spiegare il fenomeno del culo in bella vista attraverso
sottili analisi sociologiche dai profondi risvolti sulla geopolitica mondiale.
http://www.yogapantsarchive.com/10 |
La
tesi della Rodotà è semplice: i leggings (o yoga pants o, ancora, per capirsi,
quella cosa che assomiglia a una calzamaglia) sono un capo di abbigliamento da
troia. Il Deboscio ci fa notare come la giornalista nasconda il suo
ragionamento dietro il politically correct: non troie, ma “sgallettate”. Ok
scrive sul Corriere e una certa terminologia le è preclusa, comunque il
concetto è chiaro. Il centro della riflessione è infatti il seguente circolo
ermeneutico: “Ci mandano solo i legginz perché siamo ormai un Paese di
sgallettate o rimaniamo un paese di sgallettate perché troviamo in vendita solo
legginz?”
La
Rodotà se la prende dunque con le multinazionali che mandano nei negozi
italiani solo vestiti da troia. Il Deboscio ci aiuta nella interpretazione e ci
spiega come la giornalista probabilmente alluda “a quel famoso pacchetto di
accordi che avevano già fatto il Sifar e la Cia tanti anni fa per tenerci tutti
buoni e arretrati”.
Forse
l’indignazione della Rodotà è giusta, eppure sfido a trovare un maschio qualsiasi che non apprezzi queste improvvise svolte della moda.
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