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venerdì 7 dicembre 2012

Giorgia Meloni e la Grande Narrazione



Non sono solo gli ultimi giorni della vecchia era, in cui i dinosauri zombie in parlamento stanno per traslarsi direttamente nel prossimo capitolo dei misteri italiani. È anche un tempo dove pseudo-nuovi mostri e mostriciattoli tentano di insinuarsi tra gli spazi vuoti lasciati dalla prossima futura apocalisse mediatica. In epoca di transizione è dunque giusto chiedersi chi la transizione la tiri, come se la stia giocando e quali siano i pesci grossi e quelli piccoli.
Ma in questo piano multidimensionale ipercaotico che chiamiamo realtà non tutto è cosi intelligibile. Per aggirare l’annosa questione del rinnovamento della classe politica credevo che nel frattempo tanto valeva divertirsi. Avevo perciò già acquistato la tessera Mediaset Premium, ma sembra che Gesù ci abbia negato la possibilità di assistere allo spettacolo dada post-berlusconiano delle primarie del PDL.

Dato che le primarie del centrosinistra si sono concluse in un clamoroso anticlimax di mosciume dopo le scoregge infiammate esibite su Cielo, aspettavo con trepidazione la replica degli altri, ovvero ciò che rimane dell’area un tempo occupata da Forza Italia, AN ed entità paradossali come la Santanché.
Colei che negli ultimi giorni, per qualche emozionante momento, mi ha svegliato dal coma cerebrale televisivo è stata Giorgia Meloni, la Renzi del PDL, la Giovanna D’Arco della nuova destra romana, che chiede a gran voce un rinnovamento della classe dirigente del partito, che tra l’altra penso se la stia ancora ridendo.
http://www.generazioneitalia.it/2011/08/22/la-meloni-perde-piu-punti-di-piazza-affari-meglio-tacere/
Mentre dunque mi ritrovavo orfano di infotainment decente e mi accontentavo di guardare la Meloni spadroneggiarsela a Ballarò, mi perdevo tra futili elucubrazioni. È infatti tempo di scontro tra media, ovvero tempo di scontro tra diversi modelli socio/antro/tecno politici. Ma c’è un problema, questo problema è che la politica, come tante altre cose, è fondamentalmente un racconto. Un racconto che nostro malgrado abitiamo tutti quanti. Dipende tutto da quale narrazione ciascuno occupa.
La gente crede di trovare i fatti sociali e politici come trova le castagne sotto i castagni. Non è cosi semplice. In realtà quella stessa gente vive all’interno di una gigantesca narrazione creata da altri. Non c’è nessun male nella narrazione, la narrazione, ovvero vivere in un contesto di pratiche ludico-narrative, è fondamentale per la comprensione della realtà in cui viviamo che altrimenti sarebbe soltanto un’accozzaglia di informazioni non organizzate.
Il problema è che una volta c’erano istituzioni che mantenevano più  meno una narrazione continua e coerente, comprensiva e coestensiva alla realtà sociale, tipo la chiesa, il nazismo, RaiUno. Oggi le narrazioni si sono spaccate, non c’è più un sistema simbolico univoco di riferimento, per dirla in termini altisonanti. Ce ne sono n. Il problema è che viviamo con i piedi in due scarpe, molte scarpe anzi. Siamo come bruchi che hanno molti piedi in molte scarpe diverse. Le scarpe sono i sistemi simbolici di riferimento, se non l’avete capito. I vari sistemi sono in contraddizione tra loro, sviluppano un conflitto. Questo conflitto attraversa ognuno di noi. In quanto ognuno di noi abita i vari contesti di riferimento, scuola, casa, lavoro, amici, intrattenimento, politica.
Ogni ambito si basa su narrazioni differenti. E dunque la realtà non è univoca, ma dipende un po’ da come la si rigira. Scegliere cosa credere è una scelta politica, non privata. Scegliere cosa credere sviluppa è un qualcosa di cui essere in qualche modo responsabili. In questo periodo di confusione la scena politica ci presenta tutta una serie di scelte politico-narrative con alto tasso fideistico. Il mio consiglio è quello di credere il meno possibile. Provate a divertirvi invece, se ci riuscite.

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