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giovedì 23 maggio 2013

Filtri platonici e caverne informative

L’altro giorno uno scambio di tweet con quelli di Faretesto, di cui apprezzo molto i link condivisi e la loro misteriosa aura da ghostwriter, mi ha fatto pensare alle bolle informative nella prospettiva del mito della caverna di origine platonica. 

Il mito della Caverna è una delle tipiche cose che ti spacciano come pillole di filosofia tagliata male. Eppure più gli anni passano, più quel mito resiste e mi sembra avere una sua consistenza. 

Una bolla informativa o filter bubble (vedi Wikipedia o anche questo post, sull'inventore del termine, Eli Pariser) è, invece, quel fenomeno per cui quando leggiamo notizie e commenti su Internet, i sistemi e le piattaforme che usiamo abitualmente filtrano, su base algoritmica, le notizie in base ai nostri comportamenti precedenti. Facebook, ad esempio, ci mostra più spesso gli aggiornamenti delle persone e delle pagine con cui abbiamo più frequenti interazioni. Credo poi sia noto a tutti, inoltre, come Google mostri risultati diversi a persone diverse in base a ciò che i suoi sistemi sanno di noi. Molti dei siti che visitiamo su Internet, infatti, a differenza, per esempio, di un qualsiasi quotidiano cartaceo, si presentano in modo anche radicalmente differente a seconda dell’utente, operando una personalizzazione automatica che è al di fuori del nostro controllo. 



Semplificando, il rischio è che i vari servizi ci mostrino solo quello che più ci piace, dando preferenza a quei contenuti che confermano la nostra visione del mondo. Forse Internet, paradossalmente, sta facendo in modo che sia più difficile cambiare idea. 

Si tratta di un eccesso di libertà di informazione? Internet ha aperto dei mondi nuovi, ma poi ha iniziato a modellare quei mondi attorno ai suoi utenti, favorendone forse i vizi più che le virtù? E che c’entra la caverna? Il mito platonico racconta di questi uomini che vivono in una caverna dalla nascita, legati, con alle spalle loro spalle un fuoco. 

La percezione della realtà di questi poco fortunati individui si limita dunque solo alle ombre che vedono proiettate sulle pareti della caverna. Alla fine uno di loro, mi sembra, riesce a uscire dalla caverna, ma ha problemi con la luce del sole – metafora della vera conoscenza – perché non l’ha mai vista prima e non la riconosce per quello che è. 

Quella descritta da Platone è una realtà davvero molto limitata, a pensarci. Gli abitanti della caverna non sanno neanche di essere dentro una caverna e pensano che ciò che esiste al mondo siano solo quelle ombre sul muro. Neanche conoscono il fuoco, perché in questo esperimento mentale il fuoco è dietro di loro e quindi non ne hanno mai avuto esperienza diretta. Il mito platonico ben si adattò quindi a tecnologie come fotografie e film e a tutto ciò che più o meno viene venduto come civiltà dell’immagine. 

Cambiare idea su qualcosa è già difficile, figuriamoci la nostra visione del mondo, l’atteggiamento che abbiamo nei confronti della vita, dell’universo e di tutto quanto. Sicuramente meno stressante ricevere notizie che confermino la nostra visione del mondo, anche se inesatta o parziale. 

Con Internet siamo entrati dunque in un’altra caverna, una caverna personalizzata per ciascuno, dove forse si sta più comodi e rilassati rispetto alla versione platonica, perché qui ognuno ha almeno la sensazione di scegliersela a sua misura, la caverna. A ciascuno la sua bolla, ma anche se la bolla dove state è abbastanza comoda, non è detto che scoppiarla sia un male. 

Come trovare l’uscita della caverna dunque, direte voi. Nietzsche vi risponderebbe qualcosa del tipo che dietro ogni caverna ci sta un’altra caverna. A differenza della versione platonica un uscita non c’è e quando si riesce a uscire da una caverna spesso bisogna entrare in un’altra caverna, che può addirittura essere meno comoda e magari anche un po’ umida.

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